I PAESANI DI NICOSIA

NICOSIA IMMIGRATION BOOK
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Book List
ENGLISH TRANS. P. 107 -- 115
NICOSIANI IN CHICAGO (BOOK)
Translation p. 115 --119
NICOSIA BOOK P. 115-119
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NICOSIA BOOK
by ALBERTO MICALIZZI
 
Italian:

 

Pages 115-119   Italian

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A Filadelfia nel 1890 nacque l’Unione Economica Economica Erbitense, con
lo scopo “di accumulare fondi, per mezzo di azioni; di mantenere una cassa di
risparmio, una cassa di prestiti, ed un consumo economico di generi alimentari
esclusivamente per i soli soci”. I caratteri di cooperativa testimoniano come
nella piccola comunità nicosiana di Filadelfia – radicata soprattutto nella South
Philadelphia e nei quartieri di Roxborough - vi fu una percentuale altissima di
unskilled labors (lavoratori non specializzati), per i quali la presenza dell’organismo
mutualistico aiutava a superare meglio i momenti di crisi e le difficoltà derivanti
dalla fruizione di paghe basse.  Con gli introiti accumulati l’Unione Erbitense
– aperta ai soci soltanto nella giornata di domenica - riuscì, nel volgere di
pochi anni, ad accumulare un capitale sufficiente per acquistare diversi immobili;
presso uno di questi si riunivano la domenica i nicosiani.  “Venimmo, sospinti
dal destino, come nella terra d’esilio, lasciando colà, in patria, i parenti più
stretti, amici, ricordi teneri e soavi d’infanzia e di gioventù”, scriveva con nostalgia,
qualche decennio dopo la fondazione del sodalizio dell’Unione Erbitense,
Giovanni Falcidia, ricordando i sacrifici e le difficoltà vissuti dalla piccola comunità
erbitense a Filadelfia.
Nelle città in cui furono presenti piccoli nuclei di nicosiani fu più difficile
creare associazioni che tutelassero gli interessi della comunità. Pure, essi non
mancarono di partecipare attivamente alle riunioni organizzate dai circoli presenti
nelle metropoli e di rispondere alle richieste di aiuto avanzate dall’Italia. È
il caso, ad esempio, della piccola comunità di Norfolk, nata nell’ultimo decennio
dell’Ottocento. I suoi rappresentanti si dedicarono con sacrificio ai vari campi
dell’industria, del commercio e dell’artigianato, raggiungendo complessivamente
una rispettabile agiatezza. Essi parteciparono all’attività delle altre società italo-
americane presenti nel territorio, distribuendosi in parte nella Società Italiana
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di Mutuo Soccorso e Benevolenza e, soprattutto, nella Loggia “Roma” dell’Ordine
Figli d’Italia, il cui fondatore e presidente fu proprio un nicosiano, Giuseppe
Montagna.350
La volontà di superare i personalismi portò, per un certo periodo, alla creazione
di una confederazione delle realtà nicosiane d’America. Il quotidiano in lingua
italiana, l’Araldo Italiano di New York, diede il 15 novembre 1905 un benevolo
giudizio sull’iniziativa, vista come un mezzo per utilizzare nel migliore dei
modi le disponibilità finanziarie delle singole società nel nome di una sodalierietà
che travalicava il protagonismo dei singoli preminenti.
Lo stesso foglio elogiò la festa organizzata il 30 novembre – giorno del Ringraziamento
per gli americani – presso il Manhattan Casinò tra la 155th e l’8th
ave.  Il sodalizio non ebbe vita tranquilla, se ancora, tre anni dopo, Giovanni
Falcidia augurava al nuovo consiglio direttivo di risolvere l’annoso problema
dello sviluppo dell’organizzazione e dell’unione tra i nicosiani di Filadelfia.352
Scioltasi agli inizi degli anni venti del Novecento, dopo varie tentativi di cui si
fece promotore lo stesso Falcidia il sodalizio si ricostituì con cinquanta soci nella
nuova sede sita al n. 1515 Dikinson Street, eleggendo presidente Mariano Sinatra.
 
A Chicago furono presenti, oltre alla SS. Crocifisso, almeno altre tre aggregazioni.
La Società di Mutuo Soccorso Umberto II Principe di Piemonte,  fondata
da operai agli inizi del secolo scorso, ebbe anch’essa carattere mutualistico e
destinò molti sforzi per mantenere vivi i rapporti con la terra natia e saldi i senti-
.
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menti di devozione nei confronti della casa regnante. L’aspirazione allo sviluppo
intellettuale dei suoi componenti portava i soci a dichiarare che “siamo operai e
non abbiamo avuto il bene di poter coltivare il nostro ingegno: però la terra novella
ci spinge a nuovi ideali, a nuovi sentimenti di stima e fratellanza ed ad un
sentimento di risveglio.
Attorno nel settembre 1921 nacque infine un’altra società a carattere mutualistico,
a cui si affiancò, otto anni dopo, la 11th Ward Nicosian Citizen Club.
d. Stumento d’integrazione o di freno verso l’acquisizione
di una nuova cittadinanza?
Lo studio degli statuti, delle fonti giornalistiche e delle interviste raccolte ha
evidenziato come anche le società nicosiane subirono un evoluzione comune alle
altre organizzazioni di connazionali in terra americana, caratterizzate da un eccessiva
frammentazione degli enti a cui si accompagnava un radicato sentimento
campanilistico. In tale contesto, i soci ricoprivano spesso incarichi altisonanti
senza rinunciare all’iscrizione ad altre aggregazioni che riconoscevano loro una
qualche forma di visibilità pubblica.
Ecco allora spiegato come mai Carmelo Amoruso, corrispondente dei fogli
cittadini L’Eco dei Monti e Il Fascio Nicosiano, fu socio della Gioventù Nicosiana,
consigliere del Pocasset Democratic Club, segretario amministrativo del comitato
nato per i festeggiamenti in onore di Cristoforo Colombo, componente di
molte altre associazioni tra cui la Società Leonforte, originata quest’ultima dagli
emigranti della cittadina vicina a Nicosia. Ed egli non fu il solo: sono migliaia gli
esempi riportati dalle numerose pubblicazioni agiografiche stampate sia in Italia
che all’estero.357
La tendenza a limitare l’iscrizione soltanto ai soci di esclusiva origine nicosiana
portò infatti, negli anni, alla progressiva anemizzazione delle associazioni
minori, destinate a scomparire con la morte o il ritiro a vita privata dei fondatori
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dei sodalizi.  Talvolta le realtà erano inoltre così piccole e i fondi a disposizione
così esigui  che era praticamente impossibile ottemperare agli obblighi derivanti
dallo statuto, come la consegna del sussidio in caso di impedimento al lavoro,
il pagamento del biglietto di ritorno in caso di malattia o il pagamento delle
spese funerarie ai soci.
Altro fattore che impediva alle società mutualistiche di soddisfare agli scopi
statutari era l’impegno continuo nelle manifestazioni che si succedevano nella
Little Italy e che portava a spendere l’esiguo fondo in banchetti, affitti di locali,
fiori, bandiere e uniformi per parate. Ad eccezione della Gioventù Nicosiana a
New York e della SS Crocifisso a Chicago, le realtà cittadine furono altamente
parcellizzate e, pur lavorando in stretto contatto con le consorelle maggiori, non
riuscirono a trovare spazio al di fuori della comunità di riferimento e ad acquisire
una visibilità a cui, peraltro, ambivano.
La naturale evoluzione generazionale portò inevitabilmente le organizzazioni
nicosiane verso un processo di assimilazione che comportò l’innegabile prezzo
dell’acquisizione – progressiva ma inesorabile nel tempo – dei costumi sociali
americani anche per le associazioni nicosiane. Ne è un esempio la trasformazione
in una loggia dell’Ordine dei Figli d’Italia della società Fratelli Testa di Nicosia,
avvenuta nell’aprile del 1922 e la creazione della Loggia “Nicosia” O.I.F.D.I.,
di cui fu presidente Angelo Anello.
La partecipazione alle logge italo-americane era peraltro diffusa anche presso
le comunità cittadine al di fuori della Little Italy di New York: i nicosiani di
Norfolk, ad esempio, erano in maggioranza iscritti nella Loggia “Roma”.
Un articolo su Il Fascio Nicosiano presenta l’Ordine dei Figli d’Italia come
un’organizzazione diffusa su tutto il territorio americano, apolitica e non confessionale,
dedita al mutualismo fra gli italiani e alla diffusione del sentimento di
fratellanza fra gli U.S.A. e l’Italia.
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Con la pubblicazione dell’articolo Amoruso coglieva da parte sua l’occasione
per ribadire la vicinanza con l’istituzione italo-americana: “niente adunque comunismo,
niente massoneria od altro di settario da cui, nero, rosso o bianco che
sia, il nostro giornale, che si ispira ai principi di libertà assoluta, rifugge”.360
Se rapportato a quello degli appartenenti alle regioni italiane del nord, il processo
d’integrazione dei nuclei familiari e dei singoli emigranti nella realtà statunitense
risulta, alla luce di quanto detto, tutt’altro che debole, tenendo conto anche
dei tempi in cui si svilupparono gli arrivi e dei diversi ambienti economici in
cui i siciliani e i nicosiani in particolare si trovarono. Se veneti, liguri e piemontesi
si spostarono in coincidenza della prima fase dell’industrializzazione americana
seguita alla Guerra Civile, i siciliani sbarcarono nelle Americhe durante il
processo di industrializzazione forzata e al conseguente ampliamento delle città
vicine ai porti e agli apparati produttivi. New York, Chicago, Washintgton, Norfolk,
Hoboken, Philadelphia furono i banchi di prova dei nicosiani d’America,
costretti a non poter sfruttare le occasioni offerte nei decenni precedenti nel West
ai tanti connazionali che, prima di loro, avevano deciso di imbarcarsi verso l’America.
Oggi, a più di cento anni dall’inizio dell’emigrazione nicosiana nelle Americhe,
il processo di assimilazione, anche per merito dell’associazionismo cittadino,
si è definitivamente concluso. Eppure, una porta sul passato è rimasta aperta,
a far luce sull’oblio che inevitabilmente accompagna il trascorrere del tempo.
Perfettamente integrate nel tessuto sociale americano, le nuove generazioni non
parlano italiano né tantomeno il dialetto nicosiano: esse però, per una sorta di legge
del contrappasso, sono sempre più spesso alla ricerca delle proprie radici.
Spetta ai figli di coloro che ebbero la fortuna di non emigrare, il compito di
mantenere aperto questo passaggio e contribuire alla riscoperta delle proprie comuni
origini affinché i sacrifici e le sofferenze dei nicosiani emigrati possano
diventare valori di tutti.
360 C. Amoruso, “Nell’ordine Figli d’Italia in America la loggia Fratelli Testa di Nicosia”, in Il Fascio
Nicosiano, anno II, n. 9, 30 aprile 1922.

English Translation: !
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